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ATTO 19 - (... il nostro primo traliccio!)
Era una questione di vita o di morte... Bisognava convincerlo il papà di Tony. Dovevamo dimostrarci affidabili, sicuri ed infallibili... Dovevamo portarci a casa il traliccio!
E così andammo alla sede dell'Enel a trovare il nostro "eroe". Gli porgemmo il problema, gli illustrammo le possibili soluzioni, o meglio gli presentammo la mappa precisa di tutti i tralicci Enel, senza cavi, e quindi inutilizzati, nel raggio di 30 chilometri da Locri.
Fu più semplice del previsto. Ce n'era uno proprio dentro la città, a pochi metri dall'istituto penitenziario locale. Ci si disse che era da smantellare, e quindi anche disponibile. Ci dissero anche cha avrebbero al più presto provveduto a farlo, appena gli operai sarebbero stati impiegabili allo scopo.... Macchè! Rispondemmo subito che i tecnici Enel erano inutili: "non erano assolutamente necessari.." L'avremmo smontato noi!
"Dai! Non scherzate neanche!" fu l'immediata replica. In 10 minuti convincemmo tutti che eravamo nati proprio per smontare tralicci...
Detto fatto! La mattina successiva alle 6.30, eravamo già sul posto, con camioncino prestato, prolunga elettrica di 100 metri, fressibile, chiavi, seghe, corde, ... e sopratutto, in dieci ragazzini che nessun ostacolo avrebbe mai potuto fermare!
Il traliccio sorgeva in mezzo ad un aranceto; tirammo le misure per non distruggere gli alberi nell'operazione, fissammo le cime delle corde all'estremità del traliccio, con altrettanti di noi all'altro capo degli improvvisati tiranti. Collegammo, quindi, la prolunda alla presa di una casa lì a due passi, Pietro e Memmo accesero il fressibile, e giù via a segargli i piedi.
Nel cadere tremò mezza Locri; e sopratutto il Carcere a pochi metri... Gli agenti corsero in tanti sulle torrette delle recinzioni, incuriositi e forse un po' allarmati dall'insolita esperienza, ... ma, neanche questa volta nessuno ci arrestò!

ATTO 20 - (Traliccio 2. La vendetta! )
L'avventura però era solo all'inizio.
Il traliccio di circa 12 metri, molto pesante e massiccio, giacchè costruito per tenere su cavi in forte tensione, una volta "stramazzato" sul suolo, era diventato tutt'uno con la terra sulla quale prima sorgeva. Impensabile immaginare di spostarlo di un solo centimetro. Non ci perdemmo d'animo. Tutti e dieci, con pinze, tenaglie e chiavi inglesi demmo lo start all'operazione "Smonta e porta a casa"... In meno di mezzora il traliccio fu ridotto in centinaia di barre lunghe non più di 40 centimetri, caricato sul camioncino, e portato nel cortile di Memmo, per dare il via, quindi, alla seconda fase.
Avrei voluto rimontarlo nello stesso pomeriggio, ma non si poteva! Realmente, prima del montaggio sulla terrazza dei nostri studi di trasmissione sarebbe dovuto essere tirato a lucido, ovvero pulito, scartavetrato, verniciato. E così, prese il via un lavoro certosino di pulizia e messa a punto del nostro nuovo gioiello; trascorsero un paio di settimane, prima di concretizzare il passaggio alla terza fase.
A questo punto (con il solito camioncino in prestito) provvedemmo a trasferire tutti i pezzi sulla terrazza degli studi. Era un terzo piano, e non disponevamo di paranco; non ci scoraggiammo! Portammo sulla terrazza, attraverso i 3 piani di scale, 360 pezzi di ferro, in pratica l'intero traliccio ancora in scatola di montaggio...
Ma non era ancora finita! Occorreva creare una base, per la sistemazione finale. Approfittando di una momentanea distrazione dei miei, dopo che Memmo individuò l'esatta posizione d'incrocio di 2 travi principali del tetto, raschiammo il cemento, portando alla luce il ferro che congiungeva le 2 travi al pilastro portante del piano sottostante. Prese le misure esatte, demmo il via alla costruzione dei piedi, disponendoli agganciati allo scheletro stesso delle travi.
Memmo e Pietro salirono sulla terrazza, nell'occasione, un apparecchio (per noi) straordinario: una saldatrice. Con questa la base del traliccio fu irrimediabilmente e definivamente fusa alle travi e ai pilastri del palazzo, rendendo sicuro, oltre misura, l'innalzamento del traliccio. Ultimato il lavoro, ebbero però la felice idea di lasciare la saldatrice (magari per qualche ritocco futuro d'apportare nei successivi giorni) sulla terrazza, ovvero a me ed a Enzo, che una saldatrice non l'avevamo mai vista prima!
Sorridemmo negli occhi, già al primo sguardo. Il tempo di rimanere soli, e demmo il via ad una colossale opera di fusione, fondendo, nel senso più devastante del termine, tutti gli oggetti in ferro che ebbero la sventura di trovarsi a nostra portata di mano... Alla fine, l'intero scavo (ancora aperto, in attesa di essere riempito dal cemento) fu coperto da un mega blocco di ferro, ottenuto fondendo diversi quintali di barre e oggetti di ferro. Il traliccio non sarebbe mai caduto!!
Ci eravamo, però, dati da fare per un paio d'ore, ignorando completamente l'utilizzo di maschere protettive per gli occhi e per la pelle.... Ricordo che era un giovedi di Pasqua. La sera a Messa, ci presentammo rossi e gonfi (... scena da contaminazione radioattiva), quasi incapaci di tenere aperti gli occhi per il bruciore e il dolore!

(continua ...)

scritto da Francesco Massara.
foto di Tommaso Massara, Pietro Parretta e Memmo Minniti.